In attesa della sperata proroga degli adempimenti inerenti la contabilità economico-patrimoniale per l’esercizio 2016 richiesta dall’ANCI ed all’esame della Conferenza Stato-città del prossimo 4 maggio, proseguono incessanti le attività degli enti locali per redigere il conto economico e lo stato patrimoniale 2016 sulla base del principio contabile applicato all. 4/3 al d.Lgs. n. 118/2011.
Uno dei tanti aspetti che viene influenzato dalle nuove regole di rilevazione, sotto il profilo economico e patrimoniale, dei fatti gestionali è il risultato economico dell’esercizio. Sono numerosi i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che, chiudendo il conto economico 2016 con una perdita di esercizio e con un sensibile peggioramento del dato rispetto agli esercizi precedenti, si interrogano su quali siano le cause che hanno condotto a tale risultato. Vale la pena soffermarsi quindi sulle principali circostanze, vecchie e nuove, che possono determinare tale situazione. La nuova contabilità economico-patrimoniale, avendo carattere meramente conoscitivo, offre infatti spunti interessanti per comprendere alcuni aspetti inerenti il reale equilibrio degli enti.
Permessi di costruire a riserva: con i nuovi principi contabili i proventi dei permessi di costruire destinati ad investimenti non transitano più nel conto economico come in precedenza, attraverso la quota di ricavo pluriennale rilevata ogni anno per neutralizzare il costo rappresentato dall’ammortamento del bene che veniva finanziato. Ora, mentre la sola parte di tali proventi che finanzia spesa corrente finisce non più nei ricavi della gestione bensì tra i proventi straordinari (voce E.24.b), la parte destinata a finanziare le opere pubbliche viene imputata direttamente a riserva (disponibile) del patrimonio netto (voce A.II.c dello stato patrimoniale passivo). Di conseguenza il conto economico registrerà solamente il costo e non più il ricavo collegato al suo finanziamento, con conseguente peggioramento del risultato.
FCDE e accantonamenti. Altro elemento non secondario è rappresentato dagli accantonamenti che, con l’armonizzazione, gli enti devono obbligatoriamente stanziare sia nel bilancio di previsione che nel risultato di amministrazione, a partire dal fondo crediti di dubbia esigibilità ma non solo. L’incremento degli accantonamenti a fine 2016 rispetto a quelli effettuati con il rendiconto 2015 determina un costo (rilevato alle voci B.14.d, B.15 e B.16 del conto economico) in precedenza non registrato che, inevitabilmente, conduce ad un peggioramento del risultato economico di esercizio. Vale la pena ricordare che mentre il fondo svalutazione crediti viene portato in detrazione dell’attivo, la somma degli altri accantonamenti presenti nel risultato di amministrazione 2016 deve coincidere con i fondi iscritti nel passivo patrimoniale, alla voce B.3. Fa eccezione l’accantonamento perdite partecipate, di cui all’art. 21 del D. lgs. n. 175/2016, che non deve essere registrato in quanto tale somma si ritiene già compresa nel nuovo metodo di calcolo del valore delle partecipate rilevabile a valore di patrimonio netto.
Applicazione dell’avanzo di amministrazione per spese correnti. L’applicazione dell’avanzo per finanziare spese correnti rappresenta un disallineamento tra il momento di registrazione del ricavo e quello del costo. L’entrata infatti è stata rilevata in un momento antecedente a quello della spesa e ciò influenzerà anche il risultato economico, un po’ come già avviene per il pareggio di bilancio, dove il disallineamento tra entrata e spesa richiede un’attenta programmazione delle risorse. Al contrario il disavanzo di amministrazione influenza positivamente il risultato economico in quanto, a differenza degli accantonamenti, rappresenta un vero e proprio risparmio per gli enti, essendo finanziato da entrate accertate nell’esercizio che confluiscono nei ricavi.
Ammortamenti: una delle voci che può maggiormente incidere sul risultato economico è la rilevazione degli ammortamenti di esercizio. Tale valore sarà tanto maggiore quanto più sarà precisa la tenuta degli inventari, con particolare riferimento alla contabilizzazione delle immobilizzazioni in corso. Il costo, infatti, deve essere rilevato solo quando l’opera è terminata ed utilizzabile e non quando è ancora in corso di realizzazione. Il frequente disallineamento organizzativo interno tra uffici tecnici (LL.PP. e Patrimonio) ed il servizio finanziario, la complessità delle operazioni e la scarsa attenzione dimostrata verso la gestione patrimoniale, però, hanno creato forti accumuli all’interno della voce “Immobilizzazioni in corso”, oltre ai “Conferimenti” dello stato passivo che in questo nuova fase di start-up dovranno essere certamente risolti.
Contributi agli investimenti. Tra gli altri elementi che possono concorrere a peggiorare il risultato economico citiamo anche la mancata rilevazione della quota annuale di contributi agli investimenti contabilizzati per il finanziamento della spesa in conto capitale. I nuovi principi vietano l’utilizzo del costo netto e impongono che l’immobilizzazione sia valorizzata per l’intera somma pagata, mentre il contributo che la finanzia, deve essere iscritto nei risconti passivi patrimoniali. Dal momento in cui l’opera viene collaudata ed utilizzata, parte l’ammortamento passivo mentre, sul fronte del contributo, nel conto economico si deve registrare la quota annua che, aumentando i ricavi, va a coprire il costo del suddetto ammortamento. Ciò in funzione del principio di correlazione tra costi e ricavi che rappresenta la base della contabilità economica. Una corretta gestione di tali poste impone che per ogni contributo venga applicata la % di ricavo pluriennale pari a quella dell’opera che ha finanziato. Spesso la mancata ricostruzione degli inventari e l’impossibilità o l’onerosità di (ri)determinare una correlazione diretta tra l’immobilizzazione e il suo contributo, induce gli enti a non rilevare affatto la quota annua del ricavo, con conseguente riduzione dei ricavi di esercizio. In tal caso è preferibile comunque registrare una quota di ricavo legata a detti contributi, applicando una percentuale forfettaria che si aggira tra il 2% ed il 4%. Ciò in quanto le spese di investimento degli enti sono ormai riferibili a manutenzioni straordinarie e non più a realizzazione di opere pubbliche, che debbono transitare per il conto “Immobilizzazioni in corso” fino alla loro conclusione.
Non influenzano invece in alcun modo il risultato economico le differenze di rivalutazione che portano ad una diversa determinazione delle voci dell’attivo e del passivo patrimoniale e che, sulla base dei principi, nei primi due anni di applicazione delle nuove regole, vanno imputati direttamente a patrimonio netto, ad incremento delle riserve (se positive) o a riduzione delle riserve o del fondo di dotazione (se negative). In ogni caso è consigliato evidenziare nella relazione sulla gestione le circostanze – derivanti dall’applicazione dei nuovi principi o da altre cause legate alla specifica gestione contabile dell’ente – che influiscono sul risultato economico dell’esercizio, così da consentire ai consiglieri comunali, agli organi di revisione e agli organi di controlli esercitare pienamente le proprie funzioni.
Autori: Daniela Ghiandoni ed Elena Masini (pubblicato su Il Quotidiano Entilocali&PA de Il Sole 24ore del 9 maggio 2017)