A pochi giorni dalla scadenza per la nuova rinegoziazione dei mutui contratti con la Cassa Depositi e Prestiti spa, con la quale si intende supportare gli enti locali nella loro gestione attiva del debito, secondo le condizioni indicate nelle Circolari n. 1287/2017 (per i comuni) e n. 1288/2017 (per le province e città metropolitane), sono in pieno svolgimento le valutazioni sulla convenienza economica e finanziaria dell’operazione. Cerchiamo di capire come funziona e quali sono i vantaggi e le criticità a cui prestare attenzione.
Le coordinate della rinegoziazione. Possono essere rinegoziati tutti i mutui a tasso fisso e variabile intestati a comuni e province o città metropolitane, con oneri di ammortamento interamente a carico degli stessi, che alla data del 1/1/17 presentavano un debito residuo superiore a dieci mila euro ed una scadenza successiva al 31 dicembre 2021. Possono essere rinegoziati anche i mutui già oggetto di precedente rinegoziazione attivata dalla Cassa DDPP dopo la trasformazione in spa e quelli rinegoziati ai sensi del DM 20 giugno 2013. Possono accedervi anche gli enti in dissesto a condizione che risulti approvata l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Non sono inclusi, invece, i prestiti trasferiti al Mef per i quali è necessaria una specifica autorizzazione di quest’ultimo.
L’attuale rinegoziazione prevede una formula del tutto inedita rispetto al passato. Gli enti infatti potranno scegliere di allungare la durata del piano di ammortamento del mutuo di non oltre due anni rispetto alla scadenza attuale (fermo restando la durata massima fissata al 2045) o, in alternativa, di ridurla, fissando la nuova scadenza anticipata al 31 dicembre 2026, 2031, 2036 o 2041. In caso di adesione alla rinegoziazione, i comuni pagheranno normalmente la rata del 30 giugno 2017 mentre per la rata del secondo semestre è previsto il solo pagamento della quota interessi, che a scelta dell’ente potrà essere differito al 31 gennaio 2018. Le province sono esonerate dal pagamento della intera quota capitale 2017, mentre tutti gli interessi maturati potranno essere corrisposti entro il 31 dicembre 2017 ovvero entro il 31 gennaio 2018.
La procedura per la rinegoziazione. La procedura è articolata in tre tappe:
- entro il 26 maggio gli enti dovranno scegliere, attraverso il portale dell’istituto, le posizioni dei prestiti da rinegoziare, la nuova scadenza del prestito e la data di rimborso della quota interesse relativa alla seconda rata 2017. Se l’ente non dispone delle credenziali, dovrà registrarsi compilando l’apposito modulo “Richiesta registrazione” da trasmettere a CDP;
- entro il 1° giugno, previa deliberazione consiliare da adottare entro tale data, occorrerà firmare digitalmente e trasmettere tramite l’applicativo web tutti i documenti, ivi compresa la determina a contrarre riportante gli estremi della suddetta delibera consiliare. E’ richiesta inoltre l’approvazione del bilancio di previsione ovvero la relativa delibera di variazione (fatta eccezione per le province);
- entro il 9 giugno gli enti dovranno trasmettere in originale alla Cassa DDPP le delegazioni di pagamento, in originale, debitamente firmate e notificate al tesoriere. E’ possibile anche effettuare la loro consegna brevi manu o tramite corriere.
Successivamente entro il 30 giugno la Cassa DDPP provvederà a trasmettere la proposta di rinegoziazione controfirmata, a perfezionamento dell’operazione.
Valutazioni di convenienza finanziaria. L’articolo 41, comma 2, della legge n. 448/2001 ammette la rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali qualora la stessa risulti economicamente conveniente, vale a dire in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi. Qui gli enti incontrano il primo ostacolo in quanto la Cassa depositi e prestiti ha dichiarato – nella nota tecnica allegata alle circolari n. 1287 e 1288/2017 – di aver applicato il principio della invarianza finanziaria, in base al quale i valori attualizzati delle passività totali sono pressoché identici. Che tale invarianza sia comunque sufficiente a sostenere la legittimità della rinegoziazione non trova riscontro in alcuna norma di legge. L’unico appiglio per la procedibilità dell’operazione è dato dal fatto che, essendo la Cassa depositi e prestiti una banca a controllo pubblico, le operazioni dalla stessa proposte hanno un sigillo di ufficialità idoneo a mettere in “relativa” sicurezza gli enti. Inoltre va ricordato come, secondo le indicazioni della Corte dei conti, la rinegoziazione dei mutui debba essere improntata a principi di sana gestione finanziaria consistenti in una valutazione finanziaria ed economica della complessiva situazione dell’ente, in relazione non solo ai dati finanziari attualizzati dell’operazione, ma anche ai rischi che l’ente locale assume con la nuova operazione di indebitamento, ed all’allungamento della durata del debito, che vincola l’attività futura dell’amministrazione. A tale proposito i responsabili finanziari e le amministrazioni dovranno tenere conto, in particolare, di altri elementi quali:
- impatto sul bilancio e pareggio: il maggiore appeal dell’operazione consiste indubbiamente nel differimento della rata di ammortamento della quota capitale del mutuo in scadenza al 31 dicembre 2017, funzionale a liberare risorse sul bilancio. Tali risorse, tuttavia, potranno essere reimpiegate per nuove spese nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica. Non va dimenticato infatti che il rimborso della quota capitale dei mutui non grava sul pareggio di bilancio, creando spazi per finanziare investimenti mediante avanzo o contrazione di nuovi mutui. Qualora l’ente, nell’ambito della programmazione finanziaria, abbia già integralmente utilizzato i margini strutturali di manovra, la riduzione della spesa per il rimborso della quota capitale dei mutui non potrà che incidere negativamente sul saldo di finanza pubblica e quindi gli enti non potranno sfruttare tali risorse per nuove spese di investimento, ma dovranno necessariamente accantonarle in avanzo o per l’estinzione anticipata di prestiti. Per quanto riguarda invece gli interessi, l’eventuale differimento al 2018 dell’onere comporterà di certo un alleggerimento della spesa sul 2017, beneficio che dovrà essere ripagato sul 2018 con un surplus di spesa in relazione alla quale dovranno essere individuate già da quest’anno – in quanto il bilancio triennale ha natura autorizzatoria – le relative coperture finanziarie;
- incidenza delle nuove rate di ammortamento del debito sugli esercizi futuri: considerato che i mutui rinegoziati potranno avere una durata inferiore o superiore (fino ad un massimo di due anni), le variazioni (positive o negative) nell’importo della rata annua da rimborsare sono generalmente poco apprezzabili sul complesso della spesa dell’ente, a fronte di un impatto significativo sulle ultime annualità. La scelta degli enti quindi, piuttosto che valutare i costi o i benefici sul breve/medio periodo, dovrebbe prendere in considerazione le ripercussioni sulle ultime annualità, dove si scaricano gli effetti del differimento o anticipo della nuova scadenza, in relazione al livello complessivo di indebitamento dell’ente e al disallineamento tra la durata dei prestiti e la vita utile dei beni dagli stessi finanziati. Sarebbe quindi opportuno che gli enti, a fronte del vantaggio dato dal risparmio della quota capitale sul 2017, scelgano almeno l’invarianza delle rate di ammortamento a carico degli esercizi successivi, senza scaricare gli oneri di risparmi modesti sulle generazioni future;
- la destinazione dei risparmi della rinegoziazione: l’articolo 7, comma 2, del DL 78/2015 consente agli enti di utilizzare liberamente i risparmi derivanti da operazioni di rinegoziazione senza vincoli di destinazione fino al 2017 compreso. Dal 2018, fermo restando l’attuale assetto normativo, i risparmi di quota capitale dovranno essere utilizzati per spese di investimento, in ossequio alla circolare n. 1283/2015 della Cassa DD.PP. e alla nota congiunta ANCI / CDP Prot. n. 82/SG/VN/ml dell’11/5/2015.
La delibera consigliare. Sebbene gli enti abbiano tempo fino al 1° giugno per approvare in consiglio la rinegoziazione dei mutui e la conseguente variazione di bilancio, appare indubbio come la scelta delle posizioni da rinegoziare e delle nuove scadenze va compiuta inderogabilmente entro il 26 maggio. Qualora a tale data la delibera non sia stata assunta, i responsabili finanziati si troveranno ad assumere decisioni senza l’avallo dell’organo politico, il quale potrà poi solamente ratificare le scelte fatte. Sarebbe quindi opportuno che la delibera venisse approvata prima della scadenza del 26 maggio, sebbene i tempi siano veramente stretti, alla luce anche dei problemi di funzionamento del sito riscontrati nei giorni scorsi.
Autori: Daniela Ghiandoni ed Elena Masini (articolo pubblicato sul Quotidiano Entilocali&PA de Il Sole 24ore il 22 maggio 2017)
La Cassa depositi e prestiti S.p.A., con comunicato del 23/05/2017, ha reso noto la modifica dei tempi di presentazione delle richieste per la rinegoziazione dei prestiti a Comuni, Province e Città metropolitane. Il termine per aderire all’operazione è posticipato dal 26 al 30 maggio 2017, mentre quello per la ricezione della documentazione da parte di CDP passa dal 1° al 5 giugno 2017. Infine, per l’acquisizione degli originali delle delegazioni di pagamento relative ai prestiti intestati ai Comuni, il termine ultimo è prorogato dal 9 al 13 giugno 2017.