I maggiori oneri contrattuali che gli enti locali dovranno sostenere per il proprio personale, a
fronte della sottoscrizione dei rinnovi previsti nell’anno 2018, dovranno essere imputati tra le
spese di competenza e finanziati con risorse proprie in quanto, diversamente da quanto richiesto
dall’Anci, non sono state stanziate risorse statali per tale finalità. Gli enti locali, però, nel rispetto
del principio di prudenza introdotto dall’armonizzazione contabile, negli anni 2016 e 2017,
avrebbero dovuto accantonare a questo scopo, in parte corrente, delle quote di avanzo finanziate
da entrate regolarmente accertate. Queste somme – che non sono state inserite nelle spese finali
rilevabili ai fini del pareggio di bilancio in quanto rappresentando degli accantonamenti –
sarebbero poi confluite nel risultato di amministrazione dei medesimi esercizi, in attesa di essere
utilizzate nell’anno in cui il contratto nazionale di lavoro sarebbe stato poi sottoscritto.
Le condizioni per l’accantonamento di tali risorse quindi erano:
1) che le somme derivassero da un accertato surplus di entrata corrente rispetto alla spesa
corrente che normativamente può finanziare, rilevabile nel prospetto n. 10, allegato poi al
rendiconto;
2) che sia stata dichiarata la finalità dell’accantonamento in sede di approvazione di rendiconto.
Trattandosi di accantonamenti di spesa, gli stessi non sono stati inseriti nelle spese finali
rilevabili ai fini del pareggio, in quanto devono rilevare solo quando e nella misura in cui saranno
effettivamente utilizzati.
Possibili criticità
Fatta questa premessa, anche se gli enti hanno prudentemente accantonato, potrebbero
incontrare problemi per utilizzare i loro risparmi per finanziare la spesa complessiva del rinnovo
contrattuale, in quanto:
1) l’ente potrebbe non possedere tutti gli spazi necessari per applicare l’avanzo accantonato, ai fini
del pareggio di bilancio. In realtà questo problema sorge per tutti gli accantonamenti, compreso il
fondo contenzioso, perché nell’annualità in cui le somme vengono accantonate l’ente ottiene un
vantaggio in termini di spazi, ma in quello in cui le utilizza sorge una penalizzazione, soprattutto
se imputa all’esercizio tutte le quote accantonate in varie annualità. Il problema potrebbe essere
superato solo se si venisse modificata la regola secondo la quale anche gli accantonamenti
vengono inseriti tra le spese finali di anno in anno.
2) l’ente che non ha ancora completamente finanziato il proprio disavanzo non è sicuro di poter
applicare le quote accantonate, in quanto recenti pronunce della Corte dei conti (in particolare
Piemonte n. 23/2017/Prse, n.116/2017/Prse, n.134/2017/Par) metterebbero in dubbio l’utilizzo di
quote di avanzo, anche vincolate o accantonate.
L’ente che non ha ancora completamente finanziato il proprio disavanzo
Questa seconda problematica merita un’attenta riflessione, stante la disparità di trattamento tra
enti locali che potrebbe generarsi in una materia particolarmente delicata, quale quella della
gestione del personale. Se, infatti, fosse preclusa agli enti in disavanzo, anche straordinario, di
poter applicare al bilancio di previsione 2018/2020 le risorse accantonate e regolarmente
finanziate con entrate di competenza degli anni precedenti si produrrebbero almeno due
conseguenze:
1) si impedirebbe l’utilizzo di risorse certe che gli enti locali hanno risparmiato e destinato a scopi
ben precisi, facendo sorgere una sperequazione tra quegli enti che non hanno risparmiato le
proprie risorse e quelli che invece, prudentemente, hanno sopportato un sacrificio per trasferirle
ad esercizi successivi;
2) si stimolerebbe una propensione alla spesa anziché al risparmio. Se agli enti in extradeficit,
infatti, venisse preclusa la facoltà di accantonare somme, in quanto poi inutilizzabili per il periodo
trentennale, gli stessi non farebbero altro che spendere effettivamente le proprie risorse nell’anno
di competenza, incrementando di fatto la spesa complessiva reale. Da un punto di vista
matematico, però, va osservato che il risultato di amministrazione finale non cambierebbe
perché, nel caso dell’effettivo utilizzo delle risorse verrebbero aumentati i pagamenti o i residui
passivi dell’ente, mentre nel caso in cui la spesa venisse risparmiata, si aumenterebbe la quota
accantonata, evidenziata nella seconda parte dell’allegato a) al rendiconto.
Una cosa è certa: se l’attuale Governo volesse garantire la copertura finanziaria degli accordi
contrattuali in tutti gli enti locali, entro il 4 marzo dovrà fare chiarezza.
Fonte: Il Sole 24 Ore
di Daniela Ghiandoni e Elena Masini