tratto da NT+ Enti Locali & Edilizia del 23 dicembre 2020
di Elena Masini ed Emanuele Quercetti
Per gli enti che approveranno il bilancio di previsione 2021 entro il prossimo 31 dicembre 2020 o nelle prime settimane di gennaio, la mancanza del PEF dei rifiuti per il nuovo anno determina un vuoto che la normativa non è ancora stata in grado di colmare. Da tempo si chiede di fissare un termine a regime per deliberare il PEF sganciato dal bilancio, dando così più tempo agli enti di predisporre questo importante documento e, d’altro canto, non costringere i comuni ad approvare un bilancio viziato dalla mancanza di un allegato obbligatorio che sorregge la previsione di gettito Tari. Tra gli emendamenti proposti da ANCI alla nuova legge di bilancio 2021 c’è la richiesta di spostare al 30 aprile il termine per approvare PEF e tariffe Tari, consentendo a chi ha già approvato il bilancio di adeguarlo con una semplice variazione.
In attesa di un intervento normativo che dia certezza agli enti, vale la pena soffermarsi comunque sui meccanismi regolatori del PEF che Arera ha riproposto anche per il 2021 (delibera 493 del 26/11/2020). Uno dei punti cardine della nuova disciplina è che, a prescindere dal totale dei costi che risulteranno nel PEF, le tariffe non potranno aumentare rispetto all’anno precedente più di una percentuale prestabilita da Arera stessa (max 6,6%), data dalla sommatoria dei seguenti fattori:
• il tasso di inflazione, pari al 1,7% (obbligatorio);
• il coefficiente recupero di produttività, che è portato in detrazione entro un range che va dallo 0,1% allo 0,5% (obbligatorio). Il valore da inserire nel PEF è determinato dall’ETC e generalmente viene scelto il valore più basso (ovvero lo 0,1%);
• il coefficiente per le modifiche al perimetro gestionale del servizio (PG) (facoltativo, entro un max del 3%);
• il coefficiente per il miglioramento della qualità del servizio (QL) (facoltativo, entro un max del 2%)
• il coefficiente legato ai costi per l’emergenza COVID-19 (facoltativo, entro un max del 3%).
In condizioni ordinarie, e fatti salvi costi connessi al COVID, tale incremento è pari al 1,6%. Cosa significa questo? Ipotizzando che nel 2019 il PEF fosse di 100, il limite alla crescita tariffaria è pari a 101,6. Pertanto, se il PEF 2020 fosse stato, ad esempio, di 105, il massimo che poteva essere chiesto ai cittadini era 101,6. Se al contrario il PEF 2020 fosse stato più basso (ad esempio 98), tale valore inferiore rappresenterebbe il nuovo limite da cui crescere negli anni successivi. Quindi anche il conguaglio tra PEF 2020 e PEF 2019 dovrà tenere conto del limite alla crescita tariffaria stabilito per il 2020 (espresso nel modello Arera con il simbolo di ETmax).
Nell’elaborare il bilancio 2021, quindi, gli enti dovranno tenere in considerazione tale meccanismo, ragion per cui il gettito massimo conseguibile dalla Tari per il nuovo anno non potrà comunque superare il valore più basso tra il PEF 2020 e il limite alla crescita tariffaria 2020, aumentato della % che sarà stabilita nel nuovo PEF. Il tutto, al netto delle componenti di gettito extra-tari, come il contributo Miur e il recupero dell’evasione.
Tale meccanismo quest’anno non è scattato in tutti i casi in cui gli enti si sono avvalsi del comma 5 dell’art. 107. Tali enti, di fatto, hanno sterilizzato le tariffe già applicate per il 2019, decidendo di rinviare agli anni successivi il problema dell’adeguamento tariffario. ANCI ha chiesto di replicare la previsione anche per il 2021, in considerazione del protrarsi dell’emergenza COVID-19, agevolando così i contribuenti, nella speranza che gli aiuti statali a favore degli enti locali consentano anche per il prossimo anno di chiudere la falla che si crea congelando le tariffe, rispetto ad una spesa che invece non rimane certo ferma. Un’operazione che rischia di creare un pericoloso divario tra tariffe e costi del servizio e di impedire il raggiungimento degli obiettivi che il legislatore si era prefissato con la regolazione di Arera.