tratto da NT+ Enti Locali & Edilizia del 23 dicembre 2020
di Elena Masini ed Emanuele Quercetti
Mancano pochi giorni alla scadenza (31 dicembre 2020) per l’approvazione del primo piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti redatto secondo il nuovo metodo tariffario approvato da Arera con la deliberazione n. 443/2019. L’emergenza COVID ha segnato profondamente l’avvio delle nuove regole, portando di fatto a sganciare il termine per deliberare il PEF dal bilancio di previsione. L’art. 107, comma 5, del d.l. 18/2020, infatti, ha dato la possibilità ai comuni di prorogare per quest’anno le tariffe della Tari 2019, rinviando al 31 dicembre la partita del PEF. E nella maggior parte dei casi gli enti si sono avvalsi di tale facoltà, complici anche le difficoltà insite nel nuovo sistema.
Ora che i piani stanno prendendo forma ed arrivano sui tavoli del ragioniere (per il parere contabile) e dei consigli comunali, per la loro ufficiale determinazione (in quanto l’approvazione finale compete ad Arera) ovvero per una semplice presa d’atto (se l’ETC è soggetto diverso dal comune), ci si interroga su quali ripercussioni abbia tale piano sul bilancio e come ci si debba comportare in ordine al conguaglio. In verità, il PEF 2020 è destinato a non sortire effetti sul bilancio 2020, quanto piuttosto sul bilancio 2021 e sulle nuove tariffe. Vediamo perché.
In primo luogo, perché il PEF di Arera è redatto sulla base dei costi “efficienti” sostenuti dai gestori nel penultimo esercizio precedente (2018) e desunti da fonti contabili obbligatorie. Esso, in sostanza, non esprime più l’onere finanziario che i bilanci comunali devono sostenere per lo svolgimento del servizio ma l’ammontare dei costi che gli utenti sono chiamati a coprire. I corrispettivi del gestore (che diventano spesa nel bilancio) restano regolati dai contratti di servizio vigenti e con tutta probabilità assumono valori diversi dal PEF stesso. In secondo luogo, perché la determinazione del PEF non incide sull’accertamento della TARI effettuato nel 2020, che discende dal totale degli avvisi di pagamento emessi a favore dei contribuenti in base alle tariffe 2019 (eventualmente maggiorato del gettito figurativo derivante dalle agevolazioni e riduzioni finanziate con risorse di bilancio). L’eventuale differenza tra la spesa del servizio a carico del bilancio e il gettito effettivo della TARI è stato già coperto nell’ambito di precedenti variazioni di bilancio, con risorse diverse di bilancio (fondo funzioni fondamentali, avanzo di amministrazione, o altro).
E il conguaglio? I comuni non potranno né dovranno tenerne conto nel 2020. Il comma 5 dell’art. 107 prevede infatti che l’eventuale differenza tra i costi risultanti dal PEF per il 2020 ed i costi determinati per l’anno 2019 può essere recuperata in tre anni, a decorrere dal 2021. A ben vedere non si tratta di conguagliare la differenza tra il totale del PEF 2020 e il gettito Tari conseguito in bilancio, cosa che sarebbe sembrata più logica, ma il valore del PEF 2020 e quello del 2019 approvato lo scorso anno secondo le vecchie regole. Già, perché ARERA, nel proprio metodo tariffario, non ha preso in considerazione i conguagli che scaturiscono dal confronto tra il bollettato atteso ed il bollettato effettivo (come pure i conguagli derivanti dall’applicazione delle riduzioni tecniche). Le uniche voci che vengono portate in detrazione dei costi e concorrono a determinare il cosiddetto “montante tariffario” sono il contributo MIUR per le scuole, il gettito riscosso a titolo di evasione tributaria, le entrate derivanti da procedure sanzionatorie e le ulteriori partite approvate dall’ente territorialmente competente (determina n. 2/DRIF/2020). Una lacuna del MTR che, in attesa di chiarimenti ufficiali, l’ETC potrebbe decidere di recuperare nel 2021 come variabile extra PEF e che, al pari di quelle sopra indicate, è esclusa dal limite alla crescita tariffaria.
Tornando al conguaglio ex art. 107, comma 5, nel foglio di calcolo aggiornato, Arera ha previsto due specifiche voci (RCU TV ed RCU TF) che dal 2021 al 2023 possono incrementare o ridurre i costi del PEF proprio per azzerare le differenze connesse all’applicazione di tale norma speciale. Attenzione tuttavia che tali voci, se incrementative, concorrono comunque al limite alla crescita tariffaria. Ciò significa che, qualora per effetto di tali costi, le tariffe dovessero aumentare più del livello massimo previsto da Arera, ai cittadini non potrà comunque essere richiesto di più. Ma tale conguaglio è obbligatorio? Riteniamo che, nel caso in cui il PEF 2020 sia maggiore del 2019, il conguaglio negativo risulti doveroso, mentre non lo è in caso contrario. In effetti, la stessa Arera, nella delibera 238/2020, ha precisato come le voci RCU sono facoltative. Ecco allora che i comuni, nel deliberare il PEF 2020, possono già esprimersi nella direzione di non recuperare sul PEF dei prossimi anni il conguaglio 2020-2019, avendo già garantito la copertura di tali oneri con altre risorse di bilancio.